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La collezione archeologica

Cenni sulla collezione archeologica

 

La Villa Altieri esquilina ospitò tra la fine del Seicento e la metà dell’Ottocento una prestigiosa collezione di antichità,
costituita da numerose sculture, reperti epigrafici e pitture antiche (si stimano oltre 200 reperti). Ve ne sono accenni nelle guide di Roma redatte tra il XVII e il XIX secolo, che suddividono i reperti appartenuti agli Altieri tra la dimora esquilina, sede del nucleo numericamente più cospicuo, e il palazzo nobiliare di Piazza del Gesù (edificato nel periodo 1650-1676).

Il primo nucleo della collezione sembra risalire, con un esiguo gruppo di reperti, al XVI secolo, e si colloca presso le primitive abitazioni di famiglia, ubicate nell’allora “platea degli Altieri”, in seguito Piazza del Gesù, dove, secondo le fonti erudite e antiquarie, furono raccolte e conservate alcune iscrizioni e statue.

L’esponente più celebre di quel periodo è senza dubbio Marco Antonio Altieri (1450-1532), letterato e umanista, sodale dell’Accademia di Pomponio Leto, amico di Bartolomeo Platina e di uno tra i primi collezionisti romani, Giovanni Ciampolini.
Dapprima i fratelli Marzio ed Emilio, e poi M. Antonio e Mariano nonché il maestro delle strade Girolamo, nel corso del XVI secolo, incrementarono la raccolta di famiglia, anche se di questo primitivo nucleo, accresciuto da ulteriori reperti provenienti dalle abitazioni di famiglia imparentate o collegate in qualche modo con gli Altieri, o residenti nella medesima piazza, come quelle degli Astalli e dei Benzoni, una buona parte andò dispersa. Tra il XVI e il XVII secolo la raccolta fu notevolmente ampliata, sia per mezzo di attività di scavo effettuate nei possedimenti urbani ed extraurbani della casata col fine di recuperare oggetti d’arte, sia con l’acquisizione di pezzi provenienti da altre collezioni romane.

Si ricordano, tra Seicento e Settecento, le attività di ricerca svolte dagli Altieri sul Celio alla Navicella (1555), nella Piazza di Pietra, e probabilmente in altri vigneti e orti della città (e fra i quali sono compresi i terreni in cui sorgerà in futuro la villa esquilina), insieme alle indagini effettuate presso l’alveo del Tevere, ad Ostia e ad Albano.

Sul piano collezionistico, un primo incremento si ebbe con il lascito del collezionista fiammingo Guglielmo Dublioli ad Antonio Maria e Clemente Altieri (1620), cui seguirono l’acquisizione della collezione Delfini (1622), a seguito della fusione tra le due famiglie, l’acquisto di un nucleo di pezzi appartenuti all’antiquario Mazzanti (probabilmente dopo la metà del XVII sec.) e della collezione Paluzzi-Albertoni (1669), nella quale erano già confluiti reperti di proprietà della famiglia Jacovacci. Ulteriori sporadiche acquisizioni (pezzi della collezione de Rubeis) e alcune cessioni, si avranno ancora tra la fine del XVII e il XVIII sec. Il periodo di massimo splendore della famiglia e della collezione si ebbe con l’elezione al soglio pontificio di Emilio Bonaventura Altieri (Clemente X, 1670-1676) che avviò la costruzione della grande villa esquilina (1674-1676), dotandola, secondo la moda del tempo, di un sontuoso arredo, costituito per lo più da opere d’arte provenienti dalla collezione di famiglia.

Analogamente a quanto avvenne per le altre residenze nobiliari romane del XVII e XVIII secolo, la collezione d’opere d’arte, formata da sculture dell’età imperiale romana, da iscrizioni e da reperti di vario genere, nobilitandone la sede, costituiva un mezzo per l’esaltazione della famiglia, che si ricollegava così all’illustre passato di Roma, nonché per la manifestazione del proprio prestigio sul piano economico, sociale e culturale. Un’idea dello splendido arredo della Villa nei primi decenni del Settecento ci è data dall’elenco, corredato dai disegni a sanguigna di Bernardino Ciferri, contenuto nel manoscritto appartenuto a Richard Topham (attualmente conservato nella biblioteca del College inglese di Eton), che documenta, insieme ad altri siti romani, la consistenza e l’importanza della raccolta allestita all’interno del Casino seicentesco. Tuttavia la collezione Altieri doveva essere ancora più cospicua al tempo dell’inventario Topham, che appare incompleto e rappresenta probabilmente solo una scelta dei pezzi conservati nella villa esquilina e nel Palazzo Altieri di Piazza del Gesù, per lo più accompagnati da una descrizione sommaria e corriva.

Molti di questi reperti andranno successivamente dispersi o verranno venduti a collezioni straniere, per lo più inglesi, a causa dei dissesti finanziari in cui dovette versare la famiglia, soprattutto verso la fine del Settecento. Si ricordano, oltre alle numerose statue, alcune delle quali riassemblate o rilavorate secondo il gusto dell’epoca, i celebri pannelli affrescati provenienti dalla Tomba dei Nasoni (1674), scoperta in occasione dei lavori di ampliamento della via Flaminia per il Giubileo
del 1675 (in parte al British Museum), un rilievo con la c.d. “manomissione di uno schiavo”, oggi al Musée Royal de Mariemont (Belgio), un rilievo mitraico proveniente dagli scavi del Celio (ora in proprietà privata), numerose urne iscritte, are e altri reperti epigrafici. Le stampe del Vasi, dello Specchi, di Percier e Fontaine illustrano con dovizia di particolari l’apparato decorativo della villa, i cui giardini appaiono adorni di statue e reperti antichi ancora agli inizi dell’Ottocento.

Se una parte delle sculture era già stata alienata nel XVIII sec., con la vendita della Villa da parte degli Altieri alla Società delle Strade Ferrate (1858) iniziò la vera e propria dispersione dei materiali archeologici. Alcuni reperti furono donati ai Musei Capitolini, altri rimasero nella villa ed altri ancora finirono, forse con la successiva vendita, sul mercato antiquario (parte della collezione epigrafica sarà acquistata da G.B de Rossi, il fondatore dell’archeologia cristiana). Con i successivi
passaggi di proprietà e di destinazione d’uso e le vicende che portarono alla lottizzazione del nuovo quartiere esquilino, che ridurrà quasi completamente l’estensione della villa, sacrificandone il Casino in un angusto isolato, i giardini e l’arredo scultoreo subiranno un notevole degrado e un’ulteriore dispersione. Dapprima l’immobile fu acquistato da mons. De Merode e destinato, dopo l’unità d’Italia, a reclusorio femminile; poi, passato agli eredi di questi, ospiterà prima una comunità di religiose e in seguito (anni ’30 del Novecento) l’istituto scolastico Pietro della Valle (poi Confalonieri, sino al 2009).

Con le vendite del passato, la dispersione e gli atti vandalici compiuti per lo più nel corso del Novecento soprattutto ai danni dei reperti rimasti nel giardino, ciò che rimane dell’antica collezione di Villa Altieri si riduce attualmente a poco più di una cinquantina di reperti. Fra le sculture si segnalano: un gruppo di sette statue (replica della c.d. Flora Farnese, Igea, Atena, due Muse, Asklepios, personaggio maschile loricato), svariati frammenti di ulteriori statue, alcuni busti (moderno di Augusto, femminile acefalo, tre maschili acefali, di cui uno loricato), una testa-ritratto maschile, un torso femminile, un’erma acefala, un frammento di cornice modanata, una base ionica di pilastro angolare, due capitelli corinzi, un frammento di sarcofago a lenos con leoni, un’ara votiva anepigrafe con figura di Zeus. I reperti epigrafici, che in origine superavano le 150 unità,
sono in tutto 14: un rocchio di colonna iscritto, una stele, undici are con iscrizioni latine e un frammento di ara con iscrizione greca. Inoltre si segnala la presenza di due colonne, di una statua di personaggio maschile seduto di età medievale (XIV-XV sec.) e di un leone assiso di età moderna e pertinente alla decorazione seicentesca della villa, di cui rimangono, sparsi nel giardino o ricoverati all’interno del Casino, svariati elementi decorativi e architettonici.

Bibliografia essenziale: F. MATZ – O. VON DUHN, Antike Bildwerke in Rom mit Ausschluss der grösseren Sammlungen… Nach des Verfassers Tode / 1, Statuen, Hermen, Büsten, Köpfe, Bd. I-III, Leipzig, 1881-82, passim e III, p. 296; R. LANCIANI, Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità, Roma, prima ed., 1902-12, vol. I, p. 101-102; G. SPINOLA, Le sculture nel Palazzo Albertoni Spinola a Roma e le collezioni Paluzzi ed Altieri, Archaeologica, 115, Roma, 1995; S.P. FOX, Le antichità del Palazzo e della Villa Altieri a Roma. I materiali, in Xenia Antiqua, 5, 1996, pp. 159-213; S. FRASCATI, La collezione epigrafica di Giovanni Battista De Rossi presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Sussidi allo Studio delle Antichità Cristiane, 11, Città del Vaticano, 1997; D. CANDILIO, Rilievo mitraico della collezione Altieri, in B. Palma Venetucci (a cura di), Culti orientali. Tra scavo e collezionismo, Atti del Convegno, Roma, 23-24 marzo 2006, Roma, 2008, pp. 89-92; B. AMENDOLEA – L. INDRIO (a cura di), Villa Altieri sull’Esquilino a Roma, Roma, 2009; D. CANDILIO, Le sculture, in Villa Altieri sull’Esquilino a Roma, Roma, 2009, pp. 120-146; C. NOVIELLO, La collezione epigrafica: lo stato attuale, in Villa Altieri sull’Esquilino a Roma, Roma, 2009, pp. 147-178; C. NOVIELLO, La collezione epigrafica settecentesca e la sua successiva dispersione, in Villa Altieri sull’Esquilino a Roma, Roma, 2009, pp. 179-203.