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La Storia

La costruzione della villa risale agli anni Settanta del Seicento per impulso del cardinale Paluzzo Altieri, nipote di papa Clemente X (1670-1676), che affidò all’architetto di casa Altieri Giovanni Antonio de Rossi, autore anche di Palazzo Altieri al Gesù, l’incarico di trasformare il vecchio casale rustico sull’Esquilino in un’elegante residenza suburbana. Il nobile “Casino di delizie”, cui si accedeva da un portale monumentale con lungo viale alberato sulla via Felice (oggi di S. Croce in Gerusalemme), costituiva solo una piccola parte, la pars urbana, di un vasto comprensorio, in origine circondato da parchi e giardini con fontane e giochi d’acqua, viali alberati, vigneti e frutteti (pars rustica), e corredato di uno splendido Labirinto di siepi di bosso, visibile ancora ai primi del Novecento.

Il peculiare impianto architettonico a “U”, ripreso dalla tipologia delle ville rinascimentali, quali ad es. la Villa Chigi alla Farnesina, è arricchito da una caratteristica doppia rampa di scale semicircolari, concepite per mettere in diretta comunicazione il piazzale antistante la Villa con il piano nobile, il cui accesso è sormontato dallo stemma di casa Altieri, superando i dislivelli di quota tra la fronte ed il retro della struttura. Il portale di ingresso del pianterreno, anch’esso sovrastato dallo stemma nobiliare e inquadrato dai due bracci della scalinata, conduceva invece ad ambienti di servizio e alla grande Loggia del pianterreno, originariamente aperta su tre lati, dalla quale si raggiungeva il c.d. “giardino segreto” sul retro, interamente circondato da mura e dotato di fontana centrale, e da questo, ad una quota più bassa, il lungo viale a giardino digradante verso i confini della proprietà presso la via Labicana.

La facciata venne ulteriormente impreziosita da una fontana con ambientazione marina, la c.d. “Fontana dei Tritoni”, racchiusa entro i due bracci semicircolari della scalinata, e in origine, prima della sopraelevazione tardo-ottocentesca, presentava un aspetto assai più armonico, con i tre piani originari inquadrati da agili paraste e sormontati da una snella altana a tre fornici, sormontata da statue antiche.

Il massimo splendore della Villa si ebbe tra la fine del Seicento e la fine del Settecento, periodo in cui fu dotata di una ricca collezione d’opere d’arte antica, e che corrisponde anche al momento di maggiore fasto della famiglia Altieri. La splendida dimora è ricordata infatti dagli autori delle principali guide di Roma e dalle cronache del tempo, come assai ricca di opere d’arte, “… e perciò degna d’esser veduta da’ forestieri eruditi, vaghi delle belle arti” (Titi, 1763). I giardini della Villa, come anche la Loggia e le stanze del piano nobile, l’Altana e la balaustra di coronamento, erano ornati di statue, busti antichi e moderni, bassorilievi, frammenti scultorei di varia origine e provenienza e una cospicua collezione epigrafica, reperti oggi in buona parte alienati o dispersi. Un’idea della consistenza e dell’importanza della collezione archeologica è data dal settecentesco elenco “Topham”, custodito al College di Eton, che cita molte delle opere oggi disperse, corredate in qualche caso anche di disegni a sanguigna, opera di Bernardino Ciferri. Nel piano nobile, dove le stanze presentavano “volta a schifo dipinta con ornati e figure a fresco”, erano esposti alcuni pannelli con gli affreschi rinvenuti nella tomba dei Nasoni sulla via Flaminia (oggi in parte al British Museum), scoperti nel 1675 ed illustrate dottamente dal Bellori con le incisioni di Sante Bartoli. Fra i reperti più importanti vi era poi un interessante rilievo mitraico, proveniente da scavi condotti dagli Altieri nel XVI sec. presso i possedimenti del Celio (Navicella), ed oggi in proprietà privata.

La Villa, agli inizi dell’Ottocento ancora meta di studiosi ed eruditi per il suo cospicuo patrimonio di antichità, fu alienata dalla famiglia Altieri nel 1857, per poi passare, dopo alterne vicende, nelle proprietà del card. Xavier De Merode (1862) e quindi dei suoi eredi, ed essere destinata a subire numerosi rimaneggiamenti che ne hanno stravolto l’impianto architettonico originario (sopraelevazione di un piano, giustapposizione di ulteriori corpi di fabbrica, ecc.). Nel periodo post-unitario la struttura fu infatti dapprima concessa in locazione allo Stato Italiano, che vi stabilì un istituto di pena femminile (fino al 1897), poi alle Suore Dorotee, che vi istituirono un collegio per signorine (fino al 1933); quindi, divenne sede di istituti scolastici (tra i quali la sede provvisoria del Pietro della Valle e in seguito l’ITIS Confalonieri), con la destinazione ad uso scolastico che si protrasse anche dopo l’acquisto della proprietà da parte della Provincia di Roma (1975) e sino al 2010, quando è stato avviato il progetto di recupero e riqualificazione funzionale dell’intera struttura.

Analogamente ai rimaneggiamenti operati sull’impianto originario dai cambiamenti della proprietà e delle destinazioni d’uso, la nascita del nuovo quartiere Esquilino, con il conseguente sviluppo urbano, ne ha del tutto stravolto l’ambiente circostante. Villa Altieri, come le ville nobiliari ad essa confinanti (ad es. le ville Palombara, Giustiniani-Massimo, Astalli, ecc.) e le altre non lontane, era infatti immersa in quella fascia verde di Roma, compresa grosso modo nel tratto orientale delle Mura Aureliane, dalle proprietà dei Ludovisi sulla via Salaria sino alla Porta Maggiore, già occupata dagli antichi Horti di Roma antica, destinata a scomparire definitivamente con l’urbanizzazione postunitaria.